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Basilica di Santa Croce: viaggio nel Barocco Leccese

di — in Storie del Salento

15 Giugno 0

Alla scoperta del centro storico di Lecce e dei suoi monumenti più belli, non può mancare la visita della Basilica di Santa Croce, considerata uno dei massimi capolavori del Barocco Leccese. A dire il vero la Basilica fu per molto tempo dileggiata da chi la riteneva eccessivamente elaborata, e solo dal dopoguerra l’opera di numerosi studiosi e critici d’arte ne ha fatto apprezzare il complesso simbolismo e la raffinatezza esecutiva.

basilica di santa croce lecce

Tra tutti i commenti che ho trovato sul web, mi sono immedesimato con quello di Claudia, sono le stesse emozioni che provo ogni volta che vedo la Basilica di Santa Croce:

Come in un sogno, essa appare all’improvviso! Arresta il tempo, che ti corre dietro, perché tu possa fermarti abbagliato dalla sua bianca luce. I pregiati intagli le donano raffinatezza, eleganza e mirabile bellezza. Figure umane, animali e piante la animano in un’eterna parata. E’ tripudio di forme e di ricami unici ed irripetibili. E’ il Barocco, il nostro Barocco! Claudia

Infatti l’aspetto senz’altro più noto della Basilica di Santa Croce è la sua “debordante” facciata, vero e proprio manifesto e catalogo di virtuosismi artistici e perizia tecnica. Essa però è il risultato del lavoro di almeno tre generazioni di artisti, il cui apporto può essere distinto in fasi e atteggiamenti culturali diversi.

La prima fase si può riassumere tra la battaglia di Lepanto (1571) e il 1582, anche se l’impianto generale della chiesa risale al 1549. Costruttivamente corrisponde alla zona inferiore della facciata e al progetto iconografico complessivo che è fortemente influenzato dal tema della battaglia tra cristiani e musulmani. In questa prima fase il nome più noto è quello di Gabriele Riccardi.

Vi è poi una fase intermedia segnata dall’opera di Francesco Antonio Zimbalo, scultore di notevole raffinatezza che esegue i tre portali della chiesa, l’altare maggiore (perduto) e l’altare di San Francesco da Paola. Il periodo è compreso tra il 1606 e il 1614.

Infine vi è l’opera fiammeggiante del completamento della facciata nella sua parte alta, datata 1646, e riferibile a Cesare Penna.

basilica di santa croce di lecce

La facciata della Basilica di Santa Croce è un incredibile puzzle, non solo per la paternità creativa e per quella tecnico-manuale delle varie fasi di realizzazione, ma anche per la  funzionalità delle modalità testuali ai fini politico-culturali via via proposti. In ogni caso, è il trionfo della fantasia decorativa, ancorata ad alcuni elementi iconologici ricorrenti, come le fiamme e i leoni, simbolo di fede, il pellicano che nutre i suoi piccoli (nel capitello a sinistra del rosone) e i melograni, simboli della Passione. Si coglie una certa differenza tra la metodologia artigianale del rosone, i cui elementi ripetuti sono pure vigorosi e vibranti e la gestualità libera e magistrale del riquadro che lo contiene nel quale gli acanti si muovono come piante acquatiche in eleganti sinuosità.

La cesura segnata dalla fascia dei mensoloni è profonda e appare scavata nello spessore della facciata fino a creare un’ombra assoluta, contro la quale le figure, caricate del peso del balcone e proiettate in avanti, si stagliano nette, affacciandosi sulla trabeazione.

basilica di santa croce lecce

La trabeazione è sormontata da una successione di telamoni raffiguranti figure grottesche o animali fantastici e allegorici che sorreggono la balaustra, ornata di tredici putti abbracciati ai simboli del potere temporale (la corona) e spirituale (la tiara). I telamoni vestiti da turchi alluderebbero ai prigionieri catturati dalla flotta veneziana durante la battaglia mentre gli animali raffigurati sotto la balaustrata potrebbero invece alludere alle potenze cristiane alleate. La composizione è molto simile a quella delle illustrazioni create da Cesariano nella sua traduzione del De Architettura di Vitruvio (1521).

basilica di santa croce lecce

Tra le foglie di acanto che circondano il grande rosone centrale, sono abilmente nascoste delle faccine confuse tra i fiori, i frutti, i tralci vegetali. Sono le cosiddette faccette di Santa Croce: un uomo con un grosso nasone, uno con barba e baffi e altri. Ma chi sono? La risposta più semplice, e forse la più attendibile, è che siano proprio gli autori di questa splendida decorazione ad aver lasciato la loro firma. Su questo sito potete vedere una splendida gigapanografia del rosone, con i dettagli per rintracciare tutte le faccine.

basilica di santa croce di lecce

L’interno, a croce latina, era originariamente ripartito in cinque navate, due delle quali furono successivamente riassorbite in cappelle laterali aggiunte nel XVIII secolo. Le volte delle navate sono sorrette da due ordini di colonne, in tutto diciotto, le prime due sono addossate alla parete esterna, le ultime quattro binate delimitano il transetto e l’arco trionfale.

basilica di santa croce di lecce

La navata maggiore è coperta da un soffitto a cassettoni in legno di noce con dorature, mentre le navate laterali sono sormontate da volte a crociera. Nell’intersezione dei due bracci della croce si innalza un’alta cupola decorata con festoni di foglie d’acanto, angioletti e motivi floreali.

Lungo le navate si aprono sette profonde cappelle per lato, al cui interno si trovano sedici altari barocchi riccamente decorati.

Chi progetta una visita nel centro storico di Lecce può guardare questo bel video su youtube:

Bibliografia: Mario Manieri Elia, Il Barocco Leccese, Electa